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La Rotary Foundation e il progetto Grani Antichi della Tunisia

Scenari geopolitici complessi e l’attuale crisi climatica che sta colpendo il Nord Africa stanno generando enormi problematiche alimentari in Tunisia. Il membro del Comitato esecutivo dell’Unione tunisina dell’a- gricoltura e della pesca (Utap), responsabile per le colture a pieno campo, Mohamed Rjaibia, ha recente- mente diffuso alla stampa nazionale i dati ufficiali sulla revisione al ribasso delle stime preliminari del raccolto del 2023 (3,4 milioni di quintali), che giungono dopo l’aumento delle temperature registrato a fine marzo. Nel Paese i prodotti alimentari derivati come il cous cous, il pane e la pasta sono associati a rituali di comunione e condivisione che conferiscono al grano forti valori simbolici e comunitari. I siti produttivi di Tunisi, Beja, Jendouba e l’area agricola di Kairouan sono stati interessati dalla scarsità di precipitazioni e dall’aumento delle temperature e numerosi agricoltori puntano il dito contro le grandi monocolture del grano che stanno indebolendo la resa del terreno e innescando problematiche di carattere ambientale. Fortemente dipendente dalle importazioni di grano e cereali, la Tunisia paventa lo spettro della crisi alimentare e alcuni analisti temono un ritorno delle rivolte del pane che nel 2011 innescarono l’inizio della “Primavera araba”. L’agricoltura tunisina soffre di problemi strutturali: una produttività media di 11-15 quintali per ettaro contro i 70 circa dell’Europa nonché la continua erosione del suolo e la salinizzazione che hanno già causato la perdita di 300mila ettari di colture.                                                                                                                     Il conflitto scatenato dall’aggressione russa ha generato un’accelerazione importante delle problematiche alimentari: nonostante sia il primo Paese al mondo per consumo di pane, soltanto una baguette su cinque in Tunisia è prodotta con grano locale. La maggior parte è importato dall’Ucraina e dalla Russia e con la pressione internazionale legata al blocco del grano e dei container diviene difficile trovare anche la semola per il cous cous. Alcuni enti internazionali stanno puntando proprio sulla riscoperta e coltivazione dei grani autoctoni del Paese. Un’attività che sostiene anche la Rotary Foundation con il progetto “Grani Antichi di Tunisia”. Purtroppo molte delle varietà tradizionali sono andate perse, sostituite da altre più produttive ma meno nutrienti che richiedono un importante apporto di concimi chimici a discapito del suolo e dell’intero ecosistema. Alcune varietà autoctone sono fra le più antiche della regione, ma gli agricoltori che ancora le coltivano – su piccoli appezzamenti in zone collinari non facilmente accessibili ai mezzi meccanici – sono pochissimi.

Il progetto “Grani antichi della Tunisia”, che ha voluto attivare una micro-economia locale dando il giusto riconoscimento al lavoro agricolo e alla trasformazione artigianale delle comunità, appare come una grande scommessa in quanto la produzione di qualità dei grani antichi è spesso non sostenibile a causa degli elevati costi. Attualmente la crisi alimentare colpisce moltissimi tunisini che già sono stanchi dell’aumento dell’inflazione, trasportando alle soglie della povertà quasi 12 milioni di abitanti del Paese.

Articolo pubblicato sul quotidiano “La Ragione”

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La pesca in Tunisia e le aspettative del consumatore locale

Numero di febbraio 2021 del mensile “Il Previdente”. Approfondimento a cura di Domenico Letizia.

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Cresce la collaborazione tra Italia e Tunisia

Il presidente di Gi.&Me. Association, Franz Martinelli, ha incontrato il Console di Tunisia a Napoli Beya Ben Abdelbaki Fraoua per approfondire le opportunità di collaborazione, ricerca, innovazione e tutela del pescato attraverso il progetto Surefish. L’obiettivo è quello di valorizzare il patrimonio ittico del Mediterraneo, attraverso il monitoraggio e l’analisi della tracciabilità, della sostenibilità e dell’autenticità del pescato del nostro mare comune. Un network che si avvale dell’utilizzo di tecnologie e competenze su ICT, blockchain, etichettatura e imballaggi intelligenti, utilizzando metodi analitici e sensoriali innovativi per la tracciabilità e la valutazione della pesca. Allo stesso tempo, il progetto intende sviluppare strategie di comunicazione e informazione per promuovere la fiducia dei consumatori, con marchi di certificazione e APP dedicate, per tutelare le specie in pericolo nel Mediterraneo e per condividere i dati delle ricerche con tutti i protagonisti del network.

Gi.&Me. Association ha sviluppato molta ricerca intorno al progetto Surefih, elaborando numerosi approfondimenti curati da Domenico Letizia, giornalista e responsabile della comunicazione di Gi.&Me.

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L’ENEA RILANCIA L’IMPORTANZA DELL’INNOVAZIONE

La pandemia sanitaria mondiale ha avuto ripercussioni significative sui sistemi agroalimentari dei paesi sviluppati e non, evidenziando l’importanza di intraprendere una gestione eco-sostenibile e attenta a salute, ambiente e sicurezza alimentare, nella più vasta prospettiva dell’economia circolare e degli obiettivi dell’Agenda 20-30 delle Nazioni Unite. In questa sfida, ricerca e innovazione possono dare un contributo di primo piano, mettendo a disposizione competenze, tecnologie e servizi avanzati per valorizzare le risorse in agricoltura, ridurre i rifiuti e gli scarti di filiera, promuovere l’efficienza nei processi e ottimizzare il consumo dell’energia.

L’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) ha organizzato un interessante seminario su “I sistemi Agroalimentari alla sfida della Sostenibilità nell’ottica della Circolarità e del One Health” al quale hanno preso parte numerosi esperti del settore, tra i quali Riccardo Palmisano, presidente Assobiotec; Paolo Bonretti, vicepresidente Cluster Agrifood Nazionale e Angelo Riccaboni, professore ordinario di Economia aziendale all’Università di Siena, nonché presidente della Fondazione Prima. L’incontro è stato moderato da Massimo Iannetta dell’Enea.

I relatori hanno soffermato la propria attenzione sull’importanza della ricerca e della formazione poichè essenziali sono le tecnologie per le giovani startup agrifood, in cui elementi quali l’Internet of Things e i Big Data la fanno da padroni, e tutti hanno concordato sull’importanza di sviluppare l’innovazione nell’agricoltura, sul rafforzamento dei rapporti tra mondo della ricerca e mondo dell’impresa e sulla formazione dei giovani a tutti i livelli a partire dalle scuole primarie e fino all’università.

A ribadire alcuni concetti sul futuro delle imprese del settore agricolo, il professore Riccaboni, tra gli argomenti trattati, si è soffermato in particolare sull’importanza dell’agroalimentare 4.0, relativamente al momento storico che il settore sta vivendo grazie alle tecnologie e al digitale. Un settore che per definizione è tradizionale e che vive grazie a meccanismi strutturati e collaudati nel tempo, e che oggi trova nelle startup un grandissimo alleato per la sua crescita. Tecnologie come i droni per l’agricoltura di precisione, sistemi innovativi per tracciare le colture e garantire la qualità degli alimenti, metodi alternativi per una produzione più sostenibile sono solo alcuni esempi di come l’innovazione entra totalmente nel settore agricolo, ne rivoluziona i confini e richiama l’interesse di tanti giovani talenti. Tematiche tutte che richiamano l’attenzione sulla sinergia che l’innovazione in ambito agricolo può trovare nell’impresa 4.0 e su come tale innovazione necessiti di finanziamenti attraverso una concreta partecipazione delle Fondazioni bancarie e delle Fondazioni degli Enti del Terzo Settore che sostengono i progetti innovativi.

Non resta pertanto che pensare ad un’agricoltura più connessa e che utilizza dati e informazioni dalla rete per strutturare strategie di produzione innovative e dall’alto contenuto tecnologico, il che richiede un buon impegno da parte delle giovani generazioni di agricoltori nei propri territori di appartenenza. L’agroalimentare viene così ad essere un settore trainante dell’economia, ed è per questo che l’agricoltura ha bisogno di un vero e proprio cambio generazionale in grado di attivare una serie di aggiornamenti e innovazioni utili per il progresso e la crescita del settore. Prerogative che appartengono anche alla Fondazione Prima, con un network di enti e istituzioni per la ricerca e l’innovazione che coinvolge 19 Paesi del Mediterraneo, per un valore complessivo dell’iniziativa di circa euro 500 milioni di euro da articolare su una durata di 7 anni di finanziamento. La Fondazione ospita e finanzia progetti che legano il mondo dell’innovazione con l’agricoltura, generando occupazione e creazione di network tra istituzioni pubbliche, centri di ricerca, università, giovani start up e aziende agricole. Un progetto che segue tale direzione è IngraMed, ideato e coordinato da Gi.&Me. Association, presente sul portale di Prima, con partner dall’Italia, dalla Grecia, dalla Tunisia e dal Marocco.

Tra gli obiettivi primari vi è quello di aiutare i giovani dei Paesi del Mediterraneo coinvolti a lavorare in rete per la riscoperta delle reciproche tradizioni legate alla coltivazione e produzione dei grani autoctoni, indirizzandoli verso il dialogo e informandoli sulle possibilità dell’uso delle innovazioni tecnologiche per poter sviluppare al meglio le opportunità legate al frumento, con la valorizzazione, anche commerciale, della cultura del grano attraverso la certificazione, nei contesti paesaggio, storia e suolo, e con la visita guidata dei luoghi dove i grani autoctoni crescono e possono venire consumati. Una progettualità che dall’agricoltura crea nuove opportunità di occupazione per i giovani del Mediterraneo, grazie all’ interfacciamento tra reti di organizzazioni, alle innovazioni digitali e alla tecnologia blockchain che consente di guardare all’innovazione in maniera diversa, cambiando il modo di concepire il lavoro.

Quanto al tema dello sviluppo sostenibile, l’ateneo di Siena ha lanciato il “Siena Advanced School On Sustainable Development”, la terza edizione della scuola di alta formazione sui temi dello sviluppo sostenibile, organizzata dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), in collaborazione con Fondazione EnelLeonardo, la Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (Rus), Sustainable Development Solutions Network Italia, Sustainable Development Solutions Network Mediterraneo ed il Centro Santa Chiara Lab dell’Ateneo senese.

Approfondimento di Domenico Letizia pubblicato dal quotidiano “L’Opinione delle Libertà“.