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La Rotary Foundation e il progetto Grani Antichi della Tunisia

Scenari geopolitici complessi e l’attuale crisi climatica che sta colpendo il Nord Africa stanno generando enormi problematiche alimentari in Tunisia. Il membro del Comitato esecutivo dell’Unione tunisina dell’a- gricoltura e della pesca (Utap), responsabile per le colture a pieno campo, Mohamed Rjaibia, ha recente- mente diffuso alla stampa nazionale i dati ufficiali sulla revisione al ribasso delle stime preliminari del raccolto del 2023 (3,4 milioni di quintali), che giungono dopo l’aumento delle temperature registrato a fine marzo. Nel Paese i prodotti alimentari derivati come il cous cous, il pane e la pasta sono associati a rituali di comunione e condivisione che conferiscono al grano forti valori simbolici e comunitari. I siti produttivi di Tunisi, Beja, Jendouba e l’area agricola di Kairouan sono stati interessati dalla scarsità di precipitazioni e dall’aumento delle temperature e numerosi agricoltori puntano il dito contro le grandi monocolture del grano che stanno indebolendo la resa del terreno e innescando problematiche di carattere ambientale. Fortemente dipendente dalle importazioni di grano e cereali, la Tunisia paventa lo spettro della crisi alimentare e alcuni analisti temono un ritorno delle rivolte del pane che nel 2011 innescarono l’inizio della “Primavera araba”. L’agricoltura tunisina soffre di problemi strutturali: una produttività media di 11-15 quintali per ettaro contro i 70 circa dell’Europa nonché la continua erosione del suolo e la salinizzazione che hanno già causato la perdita di 300mila ettari di colture.                                                                                                                     Il conflitto scatenato dall’aggressione russa ha generato un’accelerazione importante delle problematiche alimentari: nonostante sia il primo Paese al mondo per consumo di pane, soltanto una baguette su cinque in Tunisia è prodotta con grano locale. La maggior parte è importato dall’Ucraina e dalla Russia e con la pressione internazionale legata al blocco del grano e dei container diviene difficile trovare anche la semola per il cous cous. Alcuni enti internazionali stanno puntando proprio sulla riscoperta e coltivazione dei grani autoctoni del Paese. Un’attività che sostiene anche la Rotary Foundation con il progetto “Grani Antichi di Tunisia”. Purtroppo molte delle varietà tradizionali sono andate perse, sostituite da altre più produttive ma meno nutrienti che richiedono un importante apporto di concimi chimici a discapito del suolo e dell’intero ecosistema. Alcune varietà autoctone sono fra le più antiche della regione, ma gli agricoltori che ancora le coltivano – su piccoli appezzamenti in zone collinari non facilmente accessibili ai mezzi meccanici – sono pochissimi.

Il progetto “Grani antichi della Tunisia”, che ha voluto attivare una micro-economia locale dando il giusto riconoscimento al lavoro agricolo e alla trasformazione artigianale delle comunità, appare come una grande scommessa in quanto la produzione di qualità dei grani antichi è spesso non sostenibile a causa degli elevati costi. Attualmente la crisi alimentare colpisce moltissimi tunisini che già sono stanchi dell’aumento dell’inflazione, trasportando alle soglie della povertà quasi 12 milioni di abitanti del Paese.

Articolo pubblicato sul quotidiano “La Ragione”

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LA CRISI DEL GRANO DALL’UCRAINA

Il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) ha pubblicamente espresso la sua preoccupazione rispetto ai rischi legati all’inflazione alimentare globale che l’aggressione prolungata della Russia all’Ucraina potrebbe provocare. Con gradi di gravità e coinvolgimento differenti, la guerra minaccia la fornitura di grano in Europa, Africa e Asia, che si affidano al commercio di grano e di cereali provenienti dalle terre agricole della regione del Mar Nero. Al momento, le forniture globali di grano sono in pericolo, mentre i prezzi sono già aumentati del 55 per cento, a cui si aggiungono le importanti problematiche logistiche del trasporto intermodale. Secondo Arnaud Petit, l’autorevole direttore dell’International Grains Council, se la guerra dovesse protrarsi a lungo, i Paesi che dipendono dalle esportazioni di grano dall’Ucraina potrebbero trovarsi di fronte a sostanziali carenze a partire dal prossimo mese di luglio.

Un conflitto prolungato avrebbe un impatto devastante in Egitto, il più grande importatore di grano del mondo. Con circa un terzo delle persone che vivono in povertà, sono milioni gli egiziani che si affidano al pane sovvenzionato dalle istituzioni governative, (una sorta di “pane pubblico” lavorato con il grano ucraino) per sopravvivere. La crisi ucraina riporta l’attenzione degli analisti economici e degli esperti del food sull’importanza della valorizzazione dell’economia della dieta mediterranea, incentivando il consumo dei cereali autoctoni mediterranei e delle eccellenze ittiche locali. Una proposta che potrebbe innescare meccanismi di valorizzazione per le giovani professioni in Italia, come chiede da tempo Gi.&Me Association, guidata dall’ingegnere Franz Martinelli, e che trova in Italia ulteriore slancio dalle recenti proposte di Ismea che ha messo all’asta quasi 20mila ettari di terreno per i giovani agricoltori, finalizzati all’acquisto di uno o più terreni dalla Banca nazionale delle terre agricole.

Una nuova opportunità imprenditoriale che potrebbe rilanciare, nel corso del tempo, la produzione nazionale e di qualità del grano mediterraneo. Come ribadito più volte dal Future Food Institute, lavorare sulle opportunità della dieta mediterranea vuol dire intraprendere proposte di innovazione e sostenibilità per le future dinamiche del food che guardano al bacino culturale agricolo del nostro passato. Gi.&Me Association sta collaborando ai progetti coordinati da Enco Srl, società di consulenza nel settore dell’innovazione, che annovera oltre venti progetti finanziati a valere sui fondi Horizon 2020, legati all’innovazione e alla sostenibilità dei programmi alimentari.

Tra questi, meritano particolare attenzione il progetto “Shealthy”, con le tecnologie non termiche per preservare la qualità nutrizionale e prolungare la durata di conservazione dei prodotti ortofrutticoli minimamente lavorati, il progetto “Surefish” sulle tecnologie blockchain per la tracciabilità del pescato nel Mediterraneo e il progetto Switchtohealthy, il cui obiettivo generale è di modificare il comportamento alimentare dei consumatori, promuovendo al meglio il ruolo della famiglia, per l’adesione alla dieta mediterranea di tutti i suoi membri, (adulti, adolescenti e bambini) in tutta la regione del Mediterraneo e in altre parti del mondo.

Articolo pubblicato dal quotidiano “L’Opinione“.

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Sulle nostre iniziative …

A latere delle attività proprie del Rotary Club Roma Cassia, l’Associazione “I Rotariani per i Giovani del Mediterraneo”, meglio nota come “Gi.&Me.Association” – il cui sito internet è “www.assgimed.com”- , sta portando avanti numerosi progetti formativi, uno dei quali è denominato SUREFISH, che è a tutti gli effetti operativo e che ci vede impegnati
assieme a Slow Food Tebourba Association (Tunisia) in partnership con operatori Italiani, Spagnoli, Tunisini, Egiziani e Libanesi. Il progetto, che ha per obiettivo la valorizzazione del patrimonio ittico del Mediterraneo attraverso la tracciabilità del pescato e che potrà vedere anche la partecipazione di altri soci del Club con le competenze del caso, nel momento in cui se ne ravviserà l’opportunità di poterlo fare.

L’Associazione fu costituita il 2 aprile 2014 da 24 soci tra rotariani e
rotaractiani
del Club Rotary Roma Cassia, con lo scopo di tutelare e valorizzare le attività, di carattere formativo, culturale e sociale poste in essere dai soci dei Club aderenti al Rotary International, finalizzate ad aiutare i giovani dei Paesi del Mediterraneo a lavorare assieme, indirizzandoli verso un cammino di pace e di produttività e supportandoli a sviluppare al meglio le loro capacità individuali.

Inoltre, in occasione della relazione programmatica di Franz Martinelli, presidente del Rotary Club Roma Cassia e di Gi.&Me Association, Domenico Letizia, responsabile della comunicazione dell’Associazione di giovani rotariani, è stato “spillettato”, dal presidente Martinelli, come nuovo socio del Rotary Club Roma Cassia.

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La pesca in Tunisia e le aspettative del consumatore locale

Numero di febbraio 2021 del mensile “Il Previdente”. Approfondimento a cura di Domenico Letizia.

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Frumento: lo stato della produzione in Italia e nel Mondo

Lo scenario internazionale nel Mondo e nel Mediterraneo sulla produzione del frumento. Romacereali, il meeting internazionale della filiera cerealicola organizzato dalla Camera di Commercio di Roma, è un seminario internazionale sulla filiera cerealicola che ogni anno riscuote una partecipazione attenta da parte degli operatori e degli esperti del settore che intervengono da ogni parte del mondo.

L’ultimo evento formativo e informativo ha offerto agli imprenditori della filiera cerealicola, riuniti in collegamento telematico a causa della pandemia globale, un puntuale aggiornamento dei consuntivi e delle previsioni relativamente ai mercati nazionali ed internazionali, nel passaggio dalla campagna di commercializzazione 2019‐2020 a quella 2020‐2021.

Lo scenario internazionale della produzione di frumento

Effettuare un’analisi dello scenario internazionale sull’attualità del frumento in tempi di coronavirus appare una sfida particolarmente importante per la comprensione dei fenomeni commerciali legati a tale settore. L’effetto più rilevante generato dalla pandemia è stato quello delle restrizioni delle esportazioni, decise con modalità diverse da alcuni paesi (Russia, Kazakistan, Ucraina, Romania) per stabilizzare i prezzi interni e proteggere la sicurezza alimentare in presenza di una maggiore incertezza della domanda e di difficoltà nelle catene logistiche e stimolando al rialzo il movimento dei prezzi in tutto il mondo.

A livello globale possiamo dire che la raccolta del frumento potrebbe segnare un ritardo a causa delle difficoltà organizzative e di reclutamento della manodopera, derivanti dalle misure di contenimento della pandemia.
Altro elemento di preoccupazione è l’andamento climatico che, in numerose aree del mondo è soprattutto legato ai problemi di siccità ma anche al rischio di piogge torrenziali.

Nell’Europa dei 27 la produzione di frumento totale è prevista in diminuzione di 23,3 milioni di tonnellate, collocandosi a 131,7 milioni di tonnellate nella campagna 2020‐2021 (pari a ‐15%) e la superficie destinata a frumento è prevista in diminuzione da IGC (‐3,0%).

Invece, in aumento è la produzione del 2020‐2021 di frumento in Italia: 7,4 milioni di tonnellate (+13,8% rispetto alla campagna 2019 2020). I consumi alimentari, come utilizzi Food, Seed and Industrial (FSI), aumentano più di quelli per i mangimi. Sostanzialmente, il commercio globale del frumento mostra, secondo la previsione per la campagna 2020‐2021, una tendenza alla riduzione, rispetto alla campagna 2019‐2020, per le difficoltà registrate nel mese di aprile.

Le maggiori esigenze di importazione in Nord Africa potrebbero comunque sostenere il commercio mondiale nel 2020/21 rimettendo al centro di scelte strategiche il Mediterraneo e l’economia del bacino comune.

A tale andamento contribuiscono anche le scelte dei consumatori che si sono orientate all’acquisizione di maggiori scorte di prodotti ed ingredienti alimentari per poter cucinare in casa, non potendosi recare ai ristoranti, puntando molto sulla tracciabilità e sull’autenticità del prodotto. Molti italiani sono tornati a fare la spesa e il controllo della qualità del prodotto è divenuto un elemento importante anche nell’acquisto di farine, pane e frumento. Un nuovo approccio alla Dieta Mediterranea, all’idea di frumento e all’importanza di politiche alimentari legate al Mediterraneo.

Un progetto che segue tale direzione è Roads of the indigenous grains in the Mediterranean (IngraMed), presente sul portale di Prima Observatory, ideato e coordinato da Gi.&Me. Association con partner dall’Italia, dalla Grecia, dalla Tunisia e dal Marocco. Il progetto pone i grani autoctoni e il Mediterraneo al centro di interessi economici e formativi, poiché i grani autoctoni sono una parte integrante del patrimonio genetico della biodiversità mediterranea, frutto della selezione operata dai contadini in novemila anni di storia dell’agricoltura delle civiltà del Mediterraneo. Il progetto nasce con l’intento di voler fornire un concreto contributo alla valorizzazione dei Grani Autoctoni del Mediterraneo con il consolidamento del legame in agricoltura tra prodotti e territorio, una visione particolarmente importante per le politiche alimentari dell’Italia finalizzate alla produzione di qualità.

Infatti, ricordiamo che nel periodo compreso tra luglio 2019 e febbraio 2020 l’Italia ha importato 1,8 milioni di tonnellate di frumento, pari ad un +54% rispetto allo stesso periodo della campagna 2018/19. Come evidenziato anche dall’ISMEA che ha svolto, e continua a programmare, interessanti indagini sulla domanda e l’offerta dei prodotti alimentari nelle settimane di diffusione del coronavirus in Italia, soprattutto per le filiere cerealicole, il tema dell’approvvigionamento della materia prima risulta di fondamentale importanza, così come la qualità e la tracciabilità del grano e dei suoi derivati.

Articolo di Domenico Letizia pubblicato dal quotidiano economico finanziario “Money.it

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Prima: post Covid occorre innovare agrifood

(ANSA) – “Nell’agrifood occorre innovare affinché le produzioni siano in grado di rispondere alle nuove esigenze anche e soprattutto nel post pandemia Covid-19“. Lo ha detto Angelo Riccaboni, docente dell’Università di Siena e presidente della Fondazione Prima, il programma di innovazione nel settore agroalimentare del Mediterraneo, intervenendo in diretta streaming a Food for Earth Day, la maratona dedicata ai sistemi alimentari sostenibili in occasione della Giornata della terra.

Angelo Riccaboni.


    “L’innovazione tecnologica e organizzativa nell’agrifood – ha aggiunto – è un fattore decisivo per avere sistemi agroalimentari che rispondano alle esigenze nutrizionali di tutti i cittadini, rispettino l’ambiente e gli animali e salvaguardino la salute delle persone“. In questo contesto il programma Prima, con 500 milioni di euro di budget nei primi due anni ha finanziato 83 progetti a 700 unità di ricerca e innovazione per oltre 110 milioni di euro. “La sicurezza alimentare e cioè la possibilità che tutti abbiano accesso al cibo nella quantità e qualità desiderata – ha spiegato Riccaboni – è di nuovo una questione centrale anche in Paesi, come l’Italia, dove si pensava non fosse più a rischio“. “La salute è una sola – ha concluso Riccaboni – e quella del pianeta, delle persone e del cibo sono strettamente connesse. Nel nuovo contesto, la rivalutazione della dieta mediterranea che rispetta l’ambiente e le persone e prevede produzioni della regione Med, può essere molto utile“.

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LA CRISI ECONOMICA E LA CENTRALITÀ DEL MEDITERRANEO COME HUB ECONOMICO

La crisi economica mondiale generata dalla pandemia da coronavirus ridisegnerà le prospettive commerciali e l’export della nostra Penisola. La famigerata Via della Seta sta vivendo una crisi senza precedenti a causa delle problematiche geopolitiche e delle distanze che sono divenute un grande problema con il blocco degli scambi. La situazione commerciale attuale pone, per i paesi del Sud Europa e dell’Africa del Nord, il Mediterraneo come il nuovo tessuto economico da rivitalizzare. Anni di proposte politiche non erano riuscite a porre l’argomento al centro del dibattito così come sta innescando la pandemia mondiale e la consapevolezza di ridisegnare la cooperazione internazionale e l’export del sud europa.

Il coronavirus ha messo in luce le disarticolazioni dell’Europa di oggi, le nocività di una centralità non condivisa, evidenziando maggiormente le preoccupanti volontà “sovraniste” di diversi Paesi aderenti all’Unione. Un momento in cui si è aperto uno spiraglio, una possibile prospettiva che pone la centralità del Mediterraneo, generando nuove, ma antiche, “coalizioni” di Paesi “omogenei” per cultura e tradizione, quelli che si affacciano nelle acque del Mare Nostrum. Un contesto e una visione geopolitica che, dopo essere essere stata accantonata, potrebbe essere rilanciata con un partenariato euromediterraneo, che va visto non in concorrenza ma in complementarietà con il Made in France o il Made in Italy. Un impatto forte su tutta la produzione che gioverà paesi come il Marocco e la Tunisia, che garantiscono una buona produzione commerciale, un ottimo network per l’export e sono vicini all’Europa.

In tale meccanismo, anche la Turchia e Paesi dell’Est del Mediterraneo, come Cipro e Israele, possono offrire performance di alto livello. Negli ultimi 20 anni le economie dei Paesi dell’area Mena (Medio Oriente e Nord Africa) hanno avuto una cresciuta media del Pil del +4,4% annuo contro una media Ue di meno della metà (+1,9%). Questo ritmo di crescita, seppur leggermente rallentato, è destinato a restare alto nel prossimo quinquennio con un’area Mena a +3,0 per cento contro una media Ue più bassa. Altro indicatore importante è il reddito pro capite di questi Paesi, significativamente e costantemente migliorato negli ultimi anni.

La nuova centralità del Mare Nostrum rappresenta anche la porta di accesso per l’Africa, il continente in piena evoluzione. Quali sono i settori prioritari? Per il Mediterraneo e per l’intero continente africano, il settore più importante è quello dell’agroalimentare e numerosi sono i progetti e i programmi per la cooperazione alimentare. D’altronde, le proposte dei ricercatori del bacino e le idee di cooperazione riguardano innovazioni sostenibili inerenti all’area del Mediterraneo relative alla gestione delle risorse idriche nei sistemi agricoli, alla modellizzazione del rischio per garantire la sicurezza microbica e la qualità degli alimenti, sistemi di monitoraggio nelle cultura e negli allevamenti, la gestione sostenibile delle acque sotterranee in acquiferi costieri attraverso una governance innovativa e tecnologica, l’adattamento delle colture di frutta al cambiamento climatico, la prevenzione di patogeni nelle verdure della dieta mediterranea, l’utilizzo della diversità genetica locale per sfruttare l’adattamento dell’orzo in ambienti difficili, la creazione di rotte commerciali, sociali e storiche dei grani autoctoni del Mediterraneo anche attraverso la creazione e lo sviluppo di applicativi mobili rivolti ai consumatori e utilizzando la tecnologia blockchain, la resilienza agli stress abiotici nel grano duro, sistemi acquaponici per migliorare la sostenibilità delle produzioni alimentari, riduzione dei patogeni fungini nelle colture di fragole, gestioni irrigue del riso e della soia alternative a quelle tradizionali, valutazione e mappatura delle risorse idriche sotterranee degli acquiferi carsici, adattamento delle colture mediterranee al cambiamento climatico, la valorizzazione e la tutela comune del pescato attraverso tracciabilità e blockchain, la valorizzazione dei formaggi prodotti nel bacino e la ricerca scientifica sui semi.

Innovazioni e progettualità che possono ben svilupparsi nel Mediterraneo e che riposizionano il bacino comune al centro delle scelte politiche ed economiche del futuro. Prospettive che l’Italia, in considerazione della sua centralità geografica, non può assolutamente ignorare, valorizzando le prospettive di crescita occupazionale, di sostenibilità e ricordando all’Europa l’importanza dell’alimentazione e della Dieta Mediterranea, riconosciuta come patrimonio immateriale da parte dell’Unesco.

Articolo di Domenico Letizia pubblicato dal quotidiano L’Opinione delle Libertà.

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Il duro impatto del coronavirus sul prezzo del grano

L’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo lancia l’allarme sull’accesso al cibo nel Bacino. Per i rappresentanti della storica organizzazione risulta essenziale rilanciare l’attenzione degli effetti della pandemia sulla sicurezza alimentare e su quello che può promuovere la comunità internazionale con l’adozione di misure efficaci, contrasto alla speculazione e innovazione tecnologica.

Al momento il legame tra pandemia e accesso al cibo non ha generato problematiche importanti, ma le prime avvisaglie di una guerra al grano sembrano emergere con conseguenze in Europa e in Italia. Sembrerebbe che gli stoccatori, nella speranza di un forte rialzo, attualmente non stiano vendendo il grano rimasto nei silos.

La giustificazione per un prezzo invariato starebbe nell’assenza di compravendite di grano. Le quantità del grano italiano non saranno abbondanti, secondo gli osservatori e gli agronomi. Al centro del dibattito c’è anche un altro problema: tutti i pastifici italiani e i grossi trader che hanno firmato contratti di filiera con gli agricoltori, temono che il prezzo al libero mercato possa essere di gran lunga superiore rispetto a quello previsto nei loro contratti. Le ultime analisi rilevano che nonostante l’incremento del consumo di farina per uso domestico, il comparto molitorio a frumento tenero registra una contrazione delle vendite senza precedenti pari al -25%. Il settore molitorio sta registrando, dall’inizio dell’emergenza COVID-19, una contrazione particolarmente significativa, e comunque senza precedenti, dei volumi di vendita di farina di frumento tenero. A fronte di un incremento nelle vendite delle confezioni da 1 kg, destinate ai consumatori privati e alle famiglie italiane che sono ritornate a cucinare in casa, si registra un crollo della richiesta proveniente dal canale della ristorazione e della pasticceria. Inoltre, viene registrato un preoccupante tracollo dell’export dopo un trend positivo ormai ultra-decennale riconducibile alla insuperabile qualità e versatilità delle farine italiane.

Un recupero nei prossimi mesi appare altamente improbabile tenuto conto, in particolare, che il canale della ristorazione pagherà, anche dopo la fine del periodo di emergenza, una contrazione riconducibile alle misure di cautela dagli esercizi commerciali e al forte ridimensionamento dei classici flussi turistici.

Il flusso commerciale e l’instabilità dei prezzi del grano è legato anche a logiche internazionali. Metà della materia prima trasformata, con percentuali variabili di anno in anno, arriva dall’estero. La Russia ha deciso di trattenere la maggior parte del grano per uso interno dopo essere diventata il maggior esportatore del mondo, mentre il Kazakistan, uno dei maggiori venditori di grano, ha vietato le esportazioni del prodotto. Si tratta di scelte nazionali poiché i governi stanno concentrando l’attenzione sull’alimentazione delle proprie popolazioni, mentre il virus interrompe le catene di approvvigionamento in tutto il mondo.

Altre tensioni si registrano anche per il riso con il Vietnam, che ha temporaneamente sospeso i contratti di esportazione, mentre le quotazioni in Thailandia sono salite ai massimi dal 2013. In aumento anche la soia, il prodotto agricolo tra i più coltivati in tutto il mondo.

Gli effetti della pandemia si trasferiscono dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi fino alle produzioni agricole la cui disponibilità è diventata strategica con le difficoltà nei trasporti e la chiusura delle frontiere, ma anche per la corsa dei cittadini in tutto il mondo ad accaparrare beni alimentari di base dagli scaffali dei supermercati. Le varietà di grano nel Mediterraneo sono sempre state tante e dalla ottima prestazione grazie alla qualità dei terreni ma anche e soprattutto al clima del Mediterraneo che consente una migliore conservazione dei chicchi.

Il Mediterraneo e la collaborazione interna nel bacino diviene essenziale e a differenza di altri contesti può puntare alla qualità dei grani. Le “varietà locali da conservazione” sono tipologie di grano che mantengono alcune caratteristiche tecniche e agronomiche tipiche del grano diffuso fino agli anni Sessanta del secolo scorso. Nel 2018 si è verificato un incremento dei consumi di prodotti alimentari provenienti dall’utilizzo di farine e semole di grani autoctoni, che ha riguardato soprattutto la farina integrale e la farina ottenuta da produzioni biologiche, ambedue con tassi di crescita superiore al 10% rispetto al 2017.

È importante ricordare che i grani antichi, i cosiddetti grani autoctoni, sono tipologie di cereali, diffusi e coltivati in passato, che non hanno subito modificazioni e manipolazioni da parte dell’uomo e che non sono stati sacrificati alle logiche di produzione contemporanea che ha preferito alla qualità una maggiore resa per l’industria alimentare. Tali tipologie di grano possiedono un indice di glutine generalmente più basso e devono necessariamente essere lavorati con più attenzione in quanto la lavorazione chiede temperature più basse e tempi più lunghi di lievitazione.

Nell’ottica di profonde trasformazioni commerciali e di consumo anche nel Mediterraneo, la ricerca, la produzione e la vendita dei grani autoctoni potrebbe rappresentare un buon investimento per l’immediato futuro sia per le esportazioni che per il mercato interno, considerando anche che i consumatori tendono sempre più a richiedere e pretendere informazioni sulla qualità, autenticità e tracciabilità dei prodotti consumati.

Articolo di Domenico Letizia pubblicato dal quotidiano economico finanziario “Money.it“.

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L’importanza del grano e della rete “InGraMed”

Si torna a discutere di grano e di diplomazia del grano per l’importanza del settore in tutto il bacino del Mediterraneo. Il grano nel Mediterraneo, o più precisamente il frumento, è il cereale più diffuso al mondo per via dell’alta resa produttiva e delle infinite possibilità di utilizzo dei suoi derivati, come le farine.  

Il grano autoctono può essere indicato come il vero attore protagonista della Dieta Mediterranea, quello che deve fornire almeno la metà delle calorie da assumere giornalmente per coprire il nostro fabbisogno energetico. Il grano, ieri come oggi, è al centro di importanti decisioni geopolitiche mondiali, che interessano i maggiori consumatori al mondo, ossia l’area mediterranea. 

Il grano, è fortemente influenzato dai cambiamenti climatici. Lo scenario più negativo per il futuro,prevede una diminuzione del 25% della produzione mondiale tra il 2030 e 2049 e, al contempo, la FAO e l’OCDE prevedono che, per nutrire il mondo, la produzione di grano dovrà aumentare del 60%. I giochi politici e la diplomazia del Mediterraneo gravitano attorno al grano e chi lo controlla ha un ruolo strategico. La sua domanda è sempre in crescita,lo consumano 3 miliardi di persone nel mondo, innumerevoli sono le imprese e le start up interessate al settore, anche con l’innovazione tecnologica, e attualmente si produce solo in una decina di paesi.