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LA CRISI DEL GRANO DALL’UCRAINA

Il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) ha pubblicamente espresso la sua preoccupazione rispetto ai rischi legati all’inflazione alimentare globale che l’aggressione prolungata della Russia all’Ucraina potrebbe provocare. Con gradi di gravità e coinvolgimento differenti, la guerra minaccia la fornitura di grano in Europa, Africa e Asia, che si affidano al commercio di grano e di cereali provenienti dalle terre agricole della regione del Mar Nero. Al momento, le forniture globali di grano sono in pericolo, mentre i prezzi sono già aumentati del 55 per cento, a cui si aggiungono le importanti problematiche logistiche del trasporto intermodale. Secondo Arnaud Petit, l’autorevole direttore dell’International Grains Council, se la guerra dovesse protrarsi a lungo, i Paesi che dipendono dalle esportazioni di grano dall’Ucraina potrebbero trovarsi di fronte a sostanziali carenze a partire dal prossimo mese di luglio.

Un conflitto prolungato avrebbe un impatto devastante in Egitto, il più grande importatore di grano del mondo. Con circa un terzo delle persone che vivono in povertà, sono milioni gli egiziani che si affidano al pane sovvenzionato dalle istituzioni governative, (una sorta di “pane pubblico” lavorato con il grano ucraino) per sopravvivere. La crisi ucraina riporta l’attenzione degli analisti economici e degli esperti del food sull’importanza della valorizzazione dell’economia della dieta mediterranea, incentivando il consumo dei cereali autoctoni mediterranei e delle eccellenze ittiche locali. Una proposta che potrebbe innescare meccanismi di valorizzazione per le giovani professioni in Italia, come chiede da tempo Gi.&Me Association, guidata dall’ingegnere Franz Martinelli, e che trova in Italia ulteriore slancio dalle recenti proposte di Ismea che ha messo all’asta quasi 20mila ettari di terreno per i giovani agricoltori, finalizzati all’acquisto di uno o più terreni dalla Banca nazionale delle terre agricole.

Una nuova opportunità imprenditoriale che potrebbe rilanciare, nel corso del tempo, la produzione nazionale e di qualità del grano mediterraneo. Come ribadito più volte dal Future Food Institute, lavorare sulle opportunità della dieta mediterranea vuol dire intraprendere proposte di innovazione e sostenibilità per le future dinamiche del food che guardano al bacino culturale agricolo del nostro passato. Gi.&Me Association sta collaborando ai progetti coordinati da Enco Srl, società di consulenza nel settore dell’innovazione, che annovera oltre venti progetti finanziati a valere sui fondi Horizon 2020, legati all’innovazione e alla sostenibilità dei programmi alimentari.

Tra questi, meritano particolare attenzione il progetto “Shealthy”, con le tecnologie non termiche per preservare la qualità nutrizionale e prolungare la durata di conservazione dei prodotti ortofrutticoli minimamente lavorati, il progetto “Surefish” sulle tecnologie blockchain per la tracciabilità del pescato nel Mediterraneo e il progetto Switchtohealthy, il cui obiettivo generale è di modificare il comportamento alimentare dei consumatori, promuovendo al meglio il ruolo della famiglia, per l’adesione alla dieta mediterranea di tutti i suoi membri, (adulti, adolescenti e bambini) in tutta la regione del Mediterraneo e in altre parti del mondo.

Articolo pubblicato dal quotidiano “L’Opinione“.

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Unite dalla via del grano. Italia e Tunisia più vicine

Il grano, ieri come oggi, è al centro di importanti decisioni geopolitiche mondiali, che interessano i maggiori consumatori al mondo, ossia l’area mediterranea. L’ agricoltura e l’alimentazione sono sempre più un settore strategico per lo sviluppo nazionale dei paesi del Mediterraneo. Il tasso di crescita demografica nella sponda sud del Mediterraneo impone diverse necessità: food, energia e abitazioni. Tutte queste cose necessitano di enormi quantità di terra. Per contro, nella sponda nord, esistono milioni di case disabitate e migliaia di tonnellate di cibo sprecato. Sono in molti a rendersi conto che per lo sviluppo sostenibile del Bacino comune, rispettando l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, solo la cooperazione tra le due sponde del Mediterraneo può generare produttività, ricchezza, sostenibilità e diffusione di benessere alimentare. Diversi gli eventi dedicati alla collaborazione in tema food tra Italia e Tunisia. A Tebourba, nel locale dell’Associazione Slow Food Tebourba, gestito dai fratelli Marzouk Mejri e Nabil Ben Marzouk è sorto il progetto “Grani Antichi di Tunisia”, ad opera dei Rotary Clubs Latina, Roma Cassia e Tunis Mediterranee, che è stato finanziato dalla Rotary Foundation e dove vengono attualmente prodotti pane e suoi derivati (couscous e bourgul) solo ed esclusivamente con grano autoctono del territorio. “Il tema dell’educazione alimentare è di estrema importanza e di grande attualità a livello globale”, sottolineò Lorenzo Fanara, Ambasciatore d’Italia in Tunisia. Ai lavori in Tunisia parteciparono Paola Sarcina (Direttore artistico Cerealia Festival), Lucio Fumagalli (Presidente INSOR), Kais Ben Amar del Rotary Club Tunis Mediterranee e Franz Martinelli, President incoming del Rotary Club Roma Cassia e presidente di “Gi.&Me. Association”, nonché coordinatore del progetto dedicato ai grani autoctoni di Tunisia. Il progetto ha generato la costituzione di un team di giovani professionisti e studiosi, impegnati nella realizzazione di attività, ricerche scientifiche e divulgative che costituisce un capitale umano d’eccellenza, unico nel suo genere, sviluppato secondo un modello di lavoro innovativo e in continua evoluzione. Nel tentativo di comprendere l’importanza del cibo, del grano e del rapporto con il Mediterraneo il giornalista Domenico Letizia ha intervistato, per il quotidiano Cronache di Napoli e Cronache di Caserta, il protagonista del progetto tunisino, Franz Martinelli, presidente di “Gi.&Me. Association”.

Di seguito il file dell’intervista:

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Il duro impatto del coronavirus sul prezzo del grano

L’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo lancia l’allarme sull’accesso al cibo nel Bacino. Per i rappresentanti della storica organizzazione risulta essenziale rilanciare l’attenzione degli effetti della pandemia sulla sicurezza alimentare e su quello che può promuovere la comunità internazionale con l’adozione di misure efficaci, contrasto alla speculazione e innovazione tecnologica.

Al momento il legame tra pandemia e accesso al cibo non ha generato problematiche importanti, ma le prime avvisaglie di una guerra al grano sembrano emergere con conseguenze in Europa e in Italia. Sembrerebbe che gli stoccatori, nella speranza di un forte rialzo, attualmente non stiano vendendo il grano rimasto nei silos.

La giustificazione per un prezzo invariato starebbe nell’assenza di compravendite di grano. Le quantità del grano italiano non saranno abbondanti, secondo gli osservatori e gli agronomi. Al centro del dibattito c’è anche un altro problema: tutti i pastifici italiani e i grossi trader che hanno firmato contratti di filiera con gli agricoltori, temono che il prezzo al libero mercato possa essere di gran lunga superiore rispetto a quello previsto nei loro contratti. Le ultime analisi rilevano che nonostante l’incremento del consumo di farina per uso domestico, il comparto molitorio a frumento tenero registra una contrazione delle vendite senza precedenti pari al -25%. Il settore molitorio sta registrando, dall’inizio dell’emergenza COVID-19, una contrazione particolarmente significativa, e comunque senza precedenti, dei volumi di vendita di farina di frumento tenero. A fronte di un incremento nelle vendite delle confezioni da 1 kg, destinate ai consumatori privati e alle famiglie italiane che sono ritornate a cucinare in casa, si registra un crollo della richiesta proveniente dal canale della ristorazione e della pasticceria. Inoltre, viene registrato un preoccupante tracollo dell’export dopo un trend positivo ormai ultra-decennale riconducibile alla insuperabile qualità e versatilità delle farine italiane.

Un recupero nei prossimi mesi appare altamente improbabile tenuto conto, in particolare, che il canale della ristorazione pagherà, anche dopo la fine del periodo di emergenza, una contrazione riconducibile alle misure di cautela dagli esercizi commerciali e al forte ridimensionamento dei classici flussi turistici.

Il flusso commerciale e l’instabilità dei prezzi del grano è legato anche a logiche internazionali. Metà della materia prima trasformata, con percentuali variabili di anno in anno, arriva dall’estero. La Russia ha deciso di trattenere la maggior parte del grano per uso interno dopo essere diventata il maggior esportatore del mondo, mentre il Kazakistan, uno dei maggiori venditori di grano, ha vietato le esportazioni del prodotto. Si tratta di scelte nazionali poiché i governi stanno concentrando l’attenzione sull’alimentazione delle proprie popolazioni, mentre il virus interrompe le catene di approvvigionamento in tutto il mondo.

Altre tensioni si registrano anche per il riso con il Vietnam, che ha temporaneamente sospeso i contratti di esportazione, mentre le quotazioni in Thailandia sono salite ai massimi dal 2013. In aumento anche la soia, il prodotto agricolo tra i più coltivati in tutto il mondo.

Gli effetti della pandemia si trasferiscono dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi fino alle produzioni agricole la cui disponibilità è diventata strategica con le difficoltà nei trasporti e la chiusura delle frontiere, ma anche per la corsa dei cittadini in tutto il mondo ad accaparrare beni alimentari di base dagli scaffali dei supermercati. Le varietà di grano nel Mediterraneo sono sempre state tante e dalla ottima prestazione grazie alla qualità dei terreni ma anche e soprattutto al clima del Mediterraneo che consente una migliore conservazione dei chicchi.

Il Mediterraneo e la collaborazione interna nel bacino diviene essenziale e a differenza di altri contesti può puntare alla qualità dei grani. Le “varietà locali da conservazione” sono tipologie di grano che mantengono alcune caratteristiche tecniche e agronomiche tipiche del grano diffuso fino agli anni Sessanta del secolo scorso. Nel 2018 si è verificato un incremento dei consumi di prodotti alimentari provenienti dall’utilizzo di farine e semole di grani autoctoni, che ha riguardato soprattutto la farina integrale e la farina ottenuta da produzioni biologiche, ambedue con tassi di crescita superiore al 10% rispetto al 2017.

È importante ricordare che i grani antichi, i cosiddetti grani autoctoni, sono tipologie di cereali, diffusi e coltivati in passato, che non hanno subito modificazioni e manipolazioni da parte dell’uomo e che non sono stati sacrificati alle logiche di produzione contemporanea che ha preferito alla qualità una maggiore resa per l’industria alimentare. Tali tipologie di grano possiedono un indice di glutine generalmente più basso e devono necessariamente essere lavorati con più attenzione in quanto la lavorazione chiede temperature più basse e tempi più lunghi di lievitazione.

Nell’ottica di profonde trasformazioni commerciali e di consumo anche nel Mediterraneo, la ricerca, la produzione e la vendita dei grani autoctoni potrebbe rappresentare un buon investimento per l’immediato futuro sia per le esportazioni che per il mercato interno, considerando anche che i consumatori tendono sempre più a richiedere e pretendere informazioni sulla qualità, autenticità e tracciabilità dei prodotti consumati.

Articolo di Domenico Letizia pubblicato dal quotidiano economico finanziario “Money.it“.

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L’importanza del grano e della rete “InGraMed”

Si torna a discutere di grano e di diplomazia del grano per l’importanza del settore in tutto il bacino del Mediterraneo. Il grano nel Mediterraneo, o più precisamente il frumento, è il cereale più diffuso al mondo per via dell’alta resa produttiva e delle infinite possibilità di utilizzo dei suoi derivati, come le farine.  

Il grano autoctono può essere indicato come il vero attore protagonista della Dieta Mediterranea, quello che deve fornire almeno la metà delle calorie da assumere giornalmente per coprire il nostro fabbisogno energetico. Il grano, ieri come oggi, è al centro di importanti decisioni geopolitiche mondiali, che interessano i maggiori consumatori al mondo, ossia l’area mediterranea. 

Il grano, è fortemente influenzato dai cambiamenti climatici. Lo scenario più negativo per il futuro,prevede una diminuzione del 25% della produzione mondiale tra il 2030 e 2049 e, al contempo, la FAO e l’OCDE prevedono che, per nutrire il mondo, la produzione di grano dovrà aumentare del 60%. I giochi politici e la diplomazia del Mediterraneo gravitano attorno al grano e chi lo controlla ha un ruolo strategico. La sua domanda è sempre in crescita,lo consumano 3 miliardi di persone nel mondo, innumerevoli sono le imprese e le start up interessate al settore, anche con l’innovazione tecnologica, e attualmente si produce solo in una decina di paesi.